Nell’ultima settimana si è discusso molto della nave Aquarius, una nave gestita da Sos Meditarranèe e che opera ormai da tempo nel campo del soccorso in mare, e, in particolar modo nel Mediterraneo -in prossimità delle coste libiche.
La nave è stata al centro delle notizie a causa della decisione di Matteo Salvini di non permetterle lo sbarco sulle coste italiane, con realtivo lancio dell’hashtag sulla necessità di chiudere i porti.
Al di là delle strategie politiche del nuovo ministro dell’interno, spesso più simili a quelle di un cantante intento a promuovere il suo nuovo album che a quelle di un politico serio, leggendo le notizie e i commenti alle stesse è stata una la cosa che, in assoluto, mi ha colpita:
Attorno a ciò che fanno le ONG nel Mediteranneo c’è una grandissima ignoranza.
Complici alcune terminologie strategiche (da Crociera a Taxi del mare) vi è la convinzione che le ONG operino in maniera illegale, all’insaputa dello Stato, incontrando gli scafisti in determinati punti del mare, dove ritirano migranti in cambio di soldi.
Cosa fanno davvero le ONG che soccorrono i migranti nel Mediterraneo?
Le navi delle ONG sostanzialmente pattugliano il Mediterraneo facendo avanti e indietro tra Libia e Italia e sostando per lo più al largo delle coste libiche in attesa d’imbarcazioni da soccorrere: barconi stipati, naufragati, o altre imbarcazioni di fortuna che trasportano migranti. Una volta identificata la posizione di una di queste barche, e ricevuto il permesso di partire, le navi delle ONG partono per la loro missione, il soccorso. I migranti salvati vengono dunque imbarcati su navi più sicure dove vi è cibo, acqua, coperte, interpreti e personale medico.
Le operazioni, così come la decisione di dove sbarcare, non è presa in autonomo dalle ONG, bensì è coordinata con l’ Italian Maritime Rescue Coordination Centre (gestito dalla Guardia Costiera).
Una volta soccorsi i migranti, le navi posson ricevere l’ordine di passarli direttamente alla nave della Guardia Costiera (che li trasporterà, in sicurezza, sino alle coste italiane), oppure quello di trasportarli sino alle coste italiane loro stessi. Una volta giunti sulla terra ferma, sia in un caso che nell’altro, i migranti vengono identificati, sottoposti ad un ulteriore visita medica, e smistati nei vari centri.
Qualche anno fa erano molte le navi delle ONG ad occuparsi di soccorso marittimo al largo delle coste libiche, oggi ne sono rimaste quattro: Sea Eye, Sea Watch, SOS Mediterranée (a cui appartiene l’Aquarius) e Proactiva Open Arms. Vi è inoltre Medici senza frontiere che co-gestisce alcune navi con le sopracitate organizzazioni.
Molte ONG, anche importanti, hanno smesso la loro attività di salvataggio nel Mediterraneo in seguito ai violenti atti repressivi perpetuati dalla Guardia Costiera libica al fin di inibire le partenze dalle proprie coste.
Tutte le grandi ONG si finanziano tramite donazioni più o meno piccole, e il loro bilancio è consultabile online tramite i loro siti ufficiali, anche se, secondo Matteo Salvini (sulle basi del nulla siccome non eistono prove, neppure minime) è George Soros a finanziarle.
Anche sui presunti accordi che le ONG prenderebbero con gli scafisti e la crminalità organizzata libica non vi è alcuna fonte che accrediti quest’ipotesi. L’unica ONG indagata in tal senso, ad oggi, resta la Jugend Rettet.
Al contrario, invece, i finanziamenti stanziati dall’unione europea alla Libia e gli accordi tra Libia e Italia, volti a far calare le partenze, sono stati assolutamente provati. Così come è stato provato che le stesse autorità libiche abbiano spesso torturato e ricattato i migranti nei centri d’accoglienza.
Perché vengono portati proprio in Italia?
Gli sbarchi avvengono in Italia poiché il soccorso marittimo è disciplinato da diverse norme (tra cui la convenzione d’Amburgo), fra queste vi è l’obbligo di portare le persone soccorse in un porto sicuro (cioè un paese vicino in cui vengano garantiti i diritti umani).
Dunque la Grecia, la Francia e la Spagna non possono essere considerati porti sicuri a causa della mancata prossimità geografica alla Libia, Malta è al limite delle sue capacità di accoglienza, mentre la Tunisia non è considerata abbastanza sicura dal punto di vista dei diritti umani.
Non resta, dunque, che l’Italia.