Siamo davvero felici di ospitare nel nostro spazio un’intervista ad Erica Mou, una cantautrice che stimiamo e seguiamo da sempre. Sa raccontare con uno sguardo sempre inedito e mai banale sul mondo che ci circonda.
Giovanissima, classe 1990, Erica Mou è senza dubbio una delle voci più interessanti nel panorama nazionale.
Abbiamo visto e apprezzato il videoclip di “canzoni scordate” realizzato con gli amici e i tuo fan. Hai chiesto a tutti di ballare in un luogo importante con una persona importante. Come ti è venuta l’idea? Che fotografia è venuta fuori dell’amore oggi?
Cercavo un modo per festeggiare i miei primi dieci anni di carriera coinvolgendo le persone che mi sostengono in questo cammino.
Devo tantissimo ai miei fan e volevo farci (a me e a loro, a noi) un regalo.
Credo sia venuta fuori una fotografia dell’amore particolare e globale insieme; ci sono coppie, famiglie e gruppi tutti diversi tra loro.
Al di là di orientamento sessuale, etnia o età.
È proprio l’unicità di ognuno che rende il messaggio universale.
A tuo avviso qual è la più grande opportunità che la creatività offre in questo periodo storico?
Oggi non abbiamo più scuse per non essere liberi.
Si sono abbattuti talmente tanti filtri, non ci sono più forti intermediazioni nel mondo dell’arte e della creatività.
Perciò l’opportunità preziosa che ci viene data oggi è quella di assumerci personalmente la responsabilità del messaggio che comunichiamo.
E quale invece il più grande rischio?
Il rischio è appiattirci, nell’inseguimento di un trend, di una moda.
Abbiamo accesso a talmente tante fonti, tante reference, che rischiamo di perdere una ispirazione più profonda che è l’unica in grado di leggere la contemporaneità con lo sguardo verso il futuro.
C’è stato un momento particolare in cui hai capito che la musica non era solo una passione, ma il tuo lavoro?
L’ho saputo da sempre. Anche quando non mi faceva guadagnare nulla e anche nei momenti di crisi che ogni tanto si riaffacciano.
Scrivere e cantare sono la mia passione, perciò sono il mio lavoro. Non riesco a immaginare una vita in cui dedico il mio tempo a qualcosa che non amo. Allo stesso tempo mi rendo conto che è molto diffusa la mentalità per cui il lavoro, il guadagnare dei soldi, debba per forza essere qualcosa di lontano dalla passione. Fare musica è un lavoro vero, a tempo pieno, quotidiano, faticoso, per cui servono preparazione ed esperienza. Come qualunque professione e, come tale, va riconosciuta.
Mi dici un aggettivo per ogni canzone all’interno di Bandiera sulla Luna?
-Svuoto i cassetti, mobile
-Amare di meno, immobile
-Roma era vuota, separativa
-Ragazze posate, unita
-Irrequieti, irrequieta
-Al freddo, chiara
-Azzurro, immortale
-Arriverà l’inverno, umana
-Bandiera sulla luna, antigravitazionale
-Non so dove metterti, irriverente
-Canzoni scordate, felice
-Souvenir, nutrita
-L’unica cosa che non so dire, calda
Hai una grande capacità di cogliere e raccontare momenti, intenzioni,attimi. Che clima respiri nel nostro Paese in questo momento? Qual è l’emozione predominante?
È un momento importante, lo capiremo senza dubbio poi. Di sicuro sento molte contraddizioni e, come un respiro che viene dalle spalle e non dalla pancia, una rabbia superficiale.
Qual è l’emergenza sociale che senti più urgente e improrogabile?
La coesione.