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lunedì, 19 Maggio,2025
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E’ la rieducazione il vero obiettivo costituzionale della pena

Molto spesso si ha un’idea distorta del carcere e del suo obiettivo previsto dall’art.27 della Costituzione.Una delle figure meno conosciute (e quindi riconosciute) è quella dell’educatore, un vero perno del percorso rieducativo dei detenuti.Proprio per questo abbiamo deciso di incontrare la Dott.ssa Alessia La Villa, educatrice del carcere di Livorno che ci spiega il suo delicato lavoro.

Cosa fa praticamente un educatore all’interno di un carcere…

In realtà dal 2010 il nome educatore è stato sostituito con quello di “Funzionario della Professionalità Giuridico Pedagogica” ma la sostanza in fondo non cambia…Per quanto riguarda cosa faccia un educatore in carcere in realtà è molto più semplice a farsi che a dirsi…

In che senso…

Nel senso che la maggior parte della gente anche tra gli addetti ai lavori ha difficoltà nel comprendere la mia professione. Quando dico che lavoro come educatrice in carcere i commenti più frequenti sono: “Quindi insegni dentro la scuola del carcere…” Insomma saresti una specie di psicologa”, “Ma vedi anche i detenuti?”. Il commento più divertente  è stato però quello di una persona a cui per ragioni di lavoro mostravo il mio tesserino con su scritto “Funzionario della Professionalità Giuridico Pedagogica” che mi ha chiesto  se fossi “la pediatra del carcere” (!!! ???). Una gran confusione insomma…

Il tuo lavoro invece in cosa consiste…

La mia figura professionale paradossalmente è una delle poche a trovare la sua ragion d’essere proprio nel nostro dettato costituzionale, l’art 27 comma 3 stabilisce infatti che le pene non possono consistere in trattamenti disumani e devono tendere alla rieducazione. Ecco dunque che essendo la funzione della pena chiaramente rieducativa, il legislatore nel 1975 con la legge di Riforma dell’Ordinamento Penitenziario non poteva non prevedere delle figure professionali che si occupassero in maniera mirata e specifica di rieducazione e reinserimento.

Quindi tu lavori direttamente a contatto con i detenuti….

Assolutamente si, il mio ufficio si trova proprio all’interno di una delle sezioni detentive. Il mio lavoro tuttavia cambia a seconda della posizione giuridica delle persone che mi trovo davanti. Sempre richiamandoci al nostro ordinamento costituzionale, fino al terzo grado di giudizio vi è la cosidettà “presunzione d’innocenza” pertanto solo quando un detenuto acquisisce lo status di “definitivo” si può portare avanti quelli che in gergo tecnico viene chiamata “osservazione scientifica della personalità” finalizzata appunto ad un successivo reinserimento del soggetto attraverso l’accesso a benefici premiali o misure alternative laddove ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi.

E con chi non è definitivo??

I detenuti non definitivi vengono presi in carico diversamente, anche a loro viene garantito un trattamento penitenziario che sostenga i loro interessi e tuteli i loro diritti ma non si può parlare di un’osservazione strutturata con finalità rieducativa.

Oltre a te ci sono altre figure che lavorano in carcere?

Certo, il nostro è un lavoro di Equipe. Diciamo che l’educatore è il collante tra tutte le figure che gravitano intorno al detenuto sia all’interno che all’esterno del carcere. Il nostro è un lavoro di squadra molto importante, perché solo coordinandoci nel percorso di osservazione e trattamento possiamo risultare davvero efficaci. Polizia Penitenziaria, Assistenti Sociali, Psicologi in primis..Ma senza tralasciare il personale sanitario, i mediatori cultuali, i volontari, gli insegnanti…Ognuno di queste persone gioca un ruolo fondamentale all’interno del carcere. Sotto la supervisione costante del Direttore.

E al termine di questo percorso???

Sia durante il percorso detentivo che laddove un detenuto chieda una misura alternativa al carcere o di accedere ad un beneficio premiale, l’educatore relaziona agli organi di Sorveglianza: Magistratura e Tribunale.

Un lavoro complesso e delicato insomma.

Molto, è una grande responsabilità. Come ho già detto il nostro mandato lavorativo  è cristallizzato nella Costituzione. Lo Stato Italiano ci affida delle persone e, a prescindere dal fatto che possano essere o meno autori di reato, fino a quando si trovano all’interno di un carcere sono sotto la nostra tutela e  responsabilità. E’ una bella sfida. Senza considerare che siamo responsabili anche verso la società esterna rispetto al loro reinserimento.

Da quanto tempo lavori in carcere?

A Livorno da 7 anni, prima sono stata un anno a Milano San Vittore e prima ancora ho avuto una lunga esperienza nella Giustizia Minorile.

Oltre a svolgere la professione di educatrice direttamente all’interno del carcere, collaboro anche con le scuole di Formazione della nostra Amministrazione sia come docente nei corsi rivolti alla Polizia Penitenziaria che in qualità di Tutor d’aula. Ho anche svolto un progetto di ricerca comparata sul tema dell’affettività e della sessualità in carcere.

Come si diventa educatori penitenziari?

Attraverso un concorso pubblico. Io sono laureata in Scienze dell’Educazione però…sono un’educatrice dal 2002. Purtroppo ad oggi non esiste un albo degli educatori, non solo penitenziari ed è davvero un peccato perché la nostra figura andrebbe maggiormente riconosciuta e valorizzata a partire dai mezzi di comunicazione di massa che molto spesso contribuiscono a creare una gran confusione nell’opinione pubblica, non riuscendo a definire nel concreto il nostro ambito di competenza.

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