Rifugiati, richiedenti asilo, profughi, clandestini, migranti regolari o irregolari, ci sono troppi nomi? Sono tutti sinonimi? No, gli appellativi non sono troppi, e i termini non si equivalgono. Vi è solo confusione, niente che un buon dizionario non riesca a risolvere.
Certo, perché la confusione la creano in primis i telegiornali, che continuano ad utilizzare un termine o l’altro come se questi si equivalessero: “insomma, intendevo dire quelli lì, quelli un po’ più colorati di noi che arrivano qua coi barconi”.
La differenza fra l’uno e l’altro termine è sottile, in un caso semplicemente legale. Certo, se ti stanno antipatici tutti e pensi che dovrebbero restare tutti a casa loro è indifferente sapere come li abbia catalogati il diritto, io lo capisco, però utilizzare i termini corretti per ogni definizione dovrebbe piacere a tutti.
Premettendo che l’unico termine giuridico (cioè regolamentato dal diritto internazionale) è “rifugiato”, per tutte le altre definizione utilizziamo il comune vocabolario (Garzanti e Treccani, in questo caso, anche se il mio preferito è lo Zingarelli).
migrante agg. [part. pres. di migrare]. – 1. Che migra, che si sposta verso nuove sedi: popoli, gruppi etnici m.; animali, uccelli migranti. [Treccani]
Definizione che trova concorde anche Garzanti linguistica:
♦ agg. m. e f. che migra, migratore: popolo, uccello migrante | (med.) si dice di organo, cellula o fenomeno patologico che si sposta dalla sede primitiva: rene, ascesso migrante
♦ n.m. e f. chi si sposta per un lungo periodo da un paese a un altro, essendo emigrato dall’uno, e immigrato nell’altro.
Un migrante è una persona che si sposta, non importa perché (motivi economici, personali, climatici,..) nè lo stato motivo della persona che migra. Chiunque si sia spostato da un paese e sia arrivato in un altro rientra nella definizione di migrante.
Quando una persona è costretta a migrare, per calamità naturali, guerra, povertà o altro, può essere definito profugo.
pròfugo s. m. (f. –a) e agg. [dal lat. profŭgus, der. di profugĕre «cercare scampo», comp. di pro–1 e fugĕre «fuggire»] (pl. m. –ghi). – Persona costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi come eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, ecc. (in questi ultimi casi è oggi più com. il termine sfollato): il p. Enea; i p. del Veneto nella prima guerra mondiale; dalla capitale si irradiavano per tutto il paese torme di p., senza pane e senza tetto, terrificati dalle rappresaglie (P. Levi); i p. della Dalmazia e Venezia Giulia, durante e dopo la seconda guerra mondiale; le famiglie p. del Polesine, del Belice, del Friuli; accogliere, assistere i p.; con uso più largo nel linguaggio poetico: dove or io vi seguirò, se il Fato Ah da gran giorni omai profughe in terra Alla Grecia vi tolse? (Foscolo, alle Grazie). Per campo profughi, v. campo, n. 3 c.
Coloro che arrivano coi barconi, sono dei profughi.
Questi una volta arrivati hanno la possibilità di deporre la loro richiesta al fin di ottenere il permesso d’asilo. Il permesso d’asilo, in realtà, non viene concesso così facilmente ed è sancito dal diritto internazionale al fin di fermare le persecuzioni (razziali e non).
Richiedente asilo: È colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti cioè sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati [Fonte]
Una volta esaminata la richiesta d’asilo del migrante, una commissione prenderà una decisione che potrà essere favorevole (conferendo lo statuto di rifugiato al richiedente) oppure negativa.
Rfugiato: (Convenzione di Ginevra 1951, con modifica in data 1967)
“Chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi. “
“Gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell’articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari“
“Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche“.
Chi non è perseguito personalmente (per motivi etnici religiosi o politici,..) ma vive comunque una situazione difficile nel proprio paese (sì, compresa la guerra) probabilmente, più che l’asilo, riceverà un visto temporaneo per ragioni umanitarie.
Chi di visti non ne ottiene alcuno, chi entra nel paese senza registrarsi, chi prolunga il suo visto di vacanza senza farlo sapere alle autorità e per anni interi, insomma, chiunque risieda irregolarmente in un paese terzo è detto migrande irregolare.
Migrante irregolare: è colui che: a)ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, per esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto overstayer); c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di mancato rinnovo (o revoca) del permesso di soggiorno. [Fonte]
clandestino agg. [dal lat. clandestinus (der. dell’avv. clam «di nascosto»), attrav. il fr. clandestin]. – 1. Che è fatto di nascosto, e si dice per lo più di cose fatte senza l’approvazione o contro il divieto delle autorità: giornale, foglio c.; edizione c., tipografia c.; bisca c.; matrimonio c., in passato, contratto in segreto, per libero consenso dei contraenti ma senza intervento di sacerdote (e perciò considerato nullo dalla Chiesa); lotto c., gioco del lotto tenuto da un privato, in cui però le vincite sono regolate sui numeri estratti nel lotto pubblico (costituisce una frode ai danni dell’erario ed è perciò punito dalla legge); passeggero c., passeggero imbarcatosi su una nave o su un aereo senza essere munito di un biglietto di viaggio (anche sostantivato: un c., una clandestina); immigrato c., che entra in un paese illegalmente (anche sostantivato: le stime dei c. in Italia). Durante e dopo la seconda guerra mondiale, le espressioni movimenti, gruppi c., lotta c., periodo c. o della lotta c., pubblicazioni c., e altre sim., sono state adoperate con riferimento all’attività politica svolta dai partiti antifascisti. 2. In botanica, detto di fiore che resta chiuso e nel quale avviene l’autoimpollinazione; sinon. di cleistogamo. ◆ Avv. clandestinaménte, di nascosto, in segreto: stampare, imbarcarsi clandestinamente; fuorusciti rientrati clandestinamente nel territorio nazionale.
Vi è un interessante disertazione sul termine su parlare civile che potete trovare qui