back to top
21.1 C
Torino
domenica, 20 Luglio,2025

Il razzismo quotidiano in Italia: storie vere di discriminazione che non fanno notizia

Razzismo quotidiano in Italia: la discriminazione nascosta che distrugge ogni giorno

Quando si parla di razzismo in Italia, l’immaginario collettivo tende ancora a pensare agli episodi estremi: aggressioni violente, scritte sui muri, insulti gridati per strada. Ma il razzismo vero, quello che plasma ogni giorno la vita di migliaia di persone, è spesso molto più sottile, pervasivo e invisibile. Vive nei piccoli gesti, nelle occhiate, nelle frasi dette sottovoce, nei meccanismi burocratici, nelle pratiche istituzionali che discriminano senza alzare la voce.

È il razzismo quotidiano. Quello che non fa notizia, che raramente conquista le prime pagine, che resta confinato nelle testimonianze di chi lo subisce. Un razzismo che logora lentamente, che costruisce muri invisibili, che alimenta un senso di esclusione costante. Ed è proprio questo razzismo il più difficile da smascherare, perché troppo spesso viene minimizzato, negato, derubricato a “sensibilità esagerata”.

In questo articolo raccontiamo alcune storie vere, recenti, che aiutano a capire cosa significhi, oggi, vivere il razzismo quotidiano in Italia.

Il supermercato e la sicurezza selettiva

Milano, aprile 2025. Samir, 32 anni, cittadino italiano nato in provincia di Bergamo da genitori marocchini, entra in un supermercato in pieno centro. Non è la prima volta che accade: mentre gira per gli scaffali nota gli sguardi insistenti degli addetti alla sicurezza. A differenza degli altri clienti, viene seguito sistematicamente lungo i corridoi, osservato ad ogni movimento.

All’uscita, il vigilante lo ferma per un controllo “di routine” dello scontrino e delle borse. Nessun altro cliente viene controllato. Samir chiede spiegazioni, ma la risposta è la solita: “Facciamo controlli a campione”. Solo che il “campione” sembra sempre includere lui.

Queste forme di controllo selettivo — il cosiddetto racial profiling — sono una realtà costante per molti italiani razzializzati. Non c’è bisogno di aggressioni fisiche: bastano l’umiliazione, il sospetto costante, il messaggio implicito che, nonostante il passaporto italiano, la tua presenza è sempre sospetta.

Il colloquio di lavoro che non arriva mai

Torino, marzo 2025. Fatoumata ha 26 anni, laureata in economia, parla quattro lingue. Ha inviato decine di curriculum per posizioni in linea con il suo profilo. Non riceve mai risposta. Decide allora di inviare un identico curriculum con il nome italianizzato: Francesca Rossi.

Dopo pochi giorni riceve la prima chiamata per un colloquio.

Questa non è un’anomalia: è un meccanismo documentato da anni. Numerosi studi in Italia hanno dimostrato come i candidati con nomi stranieri ricevano una percentuale molto inferiore di chiamate rispetto a candidati italiani a parità di curriculum. Un razzismo che agisce in silenzio, che blocca percorsi professionali ancor prima che inizino.

Sul tram: l’umiliazione pubblica

Bologna, febbraio 2025. Suleiman è sul tram, va al lavoro come ogni mattina. Sale il controllore, chiede i documenti. Suleiman mostra l’abbonamento. Tutto in regola. Ma il controllore insiste: chiede anche un documento d’identità.

Nessuno degli altri passeggeri bianchi subisce la stessa richiesta.

Quando Suleiman chiede spiegazioni, il controllore lo liquida con un secco “è per sicurezza”. Ancora una volta, la sicurezza diventa pretesto per esercitare controlli discriminatori che colpiscono sempre gli stessi corpi.

La casa negata per “scelte personali”

Roma, gennaio 2025. Amina e suo marito cercano casa in affitto. Trovano un appartamento ideale. Al telefono l’agente immobiliare sembra entusiasta. Ma quando si presenta all’appuntamento e vede Amina, con il suo hijab, la conversazione cambia tono.

Poche ore dopo arriva un messaggio: “Mi dispiace, la proprietà ha deciso di affittare a qualcun altro. Scelta personale.”

La discriminazione nell’accesso alla casa è uno dei campi più diffusi e meno denunciati. Difficile da provare, facile da nascondere dietro vaghe “preferenze personali”. Ma le conseguenze sono gravissime: ghettizzazione, precarietà abitativa, emarginazione sociale.

La scuola che non ascolta

Firenze, novembre 2024. La piccola Nour, 10 anni, racconta a casa che alcuni compagni la prendono in giro per il suo colore della pelle. Le dicono che “puzza”, che “dovrebbe tornare in Africa”. I genitori si rivolgono alla scuola, chiedendo un intervento.

La risposta? “Sono solo ragazzate, non esageriamo. I bambini sono bambini.”

Minimizzare è uno dei meccanismi più tossici del razzismo quotidiano. Dietro il rifiuto di riconoscere l’offesa si nasconde l’incapacità — o la non volontà — di affrontare il problema in modo serio. E così il trauma si accumula, la vittima resta sola e il messaggio per gli aggressori è chiaro: si può continuare.

Il medico che si rifiuta di visitare

Napoli, dicembre 2024. Un medico di guardia notturna rifiuta di visitare un paziente richiedente asilo, sostenendo di “non voler rischiare malattie strane”. La denuncia non arriva mai al Consiglio dell’Ordine. Il paziente rinuncia per paura di conseguenze sul suo permesso di soggiorno.

Anche nella sanità il razzismo può manifestarsi in forma di negligenza, pregiudizio diagnostico, rifiuto di cura. Le barriere linguistiche e culturali diventano spesso un alibi per giustificare comportamenti discriminatori inaccettabili.

I dati che non fanno notizia

Secondo il Barometro Europeo del Razzismo 2024, l’Italia continua a registrare livelli altissimi di discriminazione percepita tra le minoranze etniche e religiose. Eppure, il tema resta marginale nel dibattito pubblico. La maggior parte dei casi di razzismo quotidiano non viene denunciata, non viene indagata, non viene nemmeno registrata ufficialmente.

Manca un sistema di monitoraggio nazionale efficace. Mancano campagne istituzionali serie. Manca una reale assunzione di responsabilità da parte dei media, spesso più impegnati a minimizzare che a denunciare.

L’illusione dell’Italia “non razzista”

Molti italiani si autoconvincono che il razzismo sia “un problema degli altri”. Che in Italia “non sia così grave”. Ma le storie raccontate qui — e le migliaia non raccontate — mostrano una realtà diversa: il razzismo quotidiano esiste, è radicato, e agisce proprio perché viene spesso invisibilizzato.

Non servono per forza le aggressioni eclatanti. Basta il sospetto sistematico, la battuta offensiva, l’esclusione costante, le barriere invisibili. È questo che logora giorno dopo giorno le vite delle persone razzializzate.

La necessità di raccontare

Raccontare queste storie non serve solo a denunciare. Serve a rompere il silenzio, a rendere visibile ciò che molti preferiscono ignorare. Serve a dare voce a chi ogni giorno affronta discriminazioni invisibili e sistemiche.

Solo dando spazio a queste testimonianze si può iniziare a scardinare il razzismo quotidiano che attraversa la società italiana. Perché il primo passo per cambiare le cose è sempre riconoscerle. E per riconoscerle, bisogna raccontarle.

Articoli correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

social a.r.

1,264FansMi piace
4,280FollowerSegui
- Advertisement -

libri e letteratura