In Italia esistono delle norme sulle quali è possibile fare affidamento nel caso in cui ci si trovasse vittime di un fenomeno diffuso quanto spiacevole come il mobbing. Sono vari i decreti contenuti nel nostro ordinamento che possono rivelarsi utili in queste situazioni.
La Costituzione italia, ad esempio, tutela il cittadino vittima di mobbing, riconoscendo nell’articolo 32 una norma importantissima, che si riferisce alla tutela della salute, uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Anche l’articolo 35 può rivelarsi di sostanziale importanza, in quanto in grado di tutelare il lavoro in tutte le sue forme; e per ultimo anche l’articolo 41, che è in grado di vietare lo svolgimento delle attività economiche private che potrebbero arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.
Il Codice Civile, invece, contiene due norme fondamentali, capaci di tutelare il cittadino, che si trova vittima del fenomeno di mobbing. La prima è sicuramente quella che si riferisce all’articolo 2043, il quale prevede l’obbligo di risarcimento a qualsiasi persona sia causa di un danno ingiusto, di un fatto doloso o colposo.
La seconda, invece, è quella che concerne l’articolo 2087, norma che è in grado di imporre all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie e idonee, affinché tuteli in ogni suo aspetto sia l’integrità fisica che la personalità morale del lavoratore assunto con un regolare contratto.
Anche lo Statuto dei lavoratori contiene alcune norme capaci di venire incontro e di aiutare il soggetto vittima di mobbing sul lavoro: avvalendocisi, può portare alla punizione dei comportamenti discriminatori che il datore di lavoro esercita nei confronti del lavoratore assunto.
Il Testo unico in materia di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro, inoltre, può fornire validi appigli di cui servirsi per difendersi dal fenomeno del mobbing.
Nonostante non esista una specifica figura di reato alla quale si può ricondurre una personalità che esercita del mobbing, ci si può difendere da questo fenomeno anche dal punto di vista penale.
Gli atteggiamenti “mobbizzanti”, infatti, possono arrivare a ledere personalmente un soggetto, riconoscendo questo reato in quello citato dall’articolo 590 del codice penale. A parte i casi estremi, però, di solito è possibile avvalersi unicamente della tutela civilistica, dove la maggior parte delle vittime di mobbing trovano la loro principale fonte di tutela.
Il lavoratore, o qualsiasi altro soggetto vittima di mobbing, può appellarsi al rito ordinario, citando in giudizio il datore di lavoro o la persona che ha volontariamente arrecato il danno, con la finalità di vederne accertata la responsabilità biologica e morale.
Naturalmente la questione va risolta nelle modalità in cui si svolgono tutti gli altri tipi di giudizi. La parte lesa, per uscire vincente dalla situazione, dovrà fornire delle prove schiaccianti, avvalendosi anche di testimonianze di persone, di fotografie o di video, che mostrino sia stata vittima di una serie di comportamenti persecutori con intento vessatorio: alcuni di questi sono, ad esempio, le critiche continue e immotivate, la dequalificazione, l’emarginazione e le molestie.
Il “mobbizzato” dovrà inoltre essere in grado di dimostrare che tali comportamenti da mobbing non fossero soltanto casi isolati, ma si siano reiterati lungo un arco temporale medio-lungo.