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lunedì, 19 Maggio,2025
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La storia di Nekane Txapartegi: attivismo e tortura

La canzone qua sotto non parla della stessa persona di cui si parlerà in questo articolo ma le due donne hanno una storia simile. Nekane Txapartegi è un po’ Silvia Baraldini, anche se Francesco Guccini è in un periodo di pausa musicale e gli Stati Uniti d’America, per una volta, non sono protagonisti della vicenda (e l’origine della protagonista non è italiana).

Lei è Nekane Txapartegi, una donna impegnata nella lotta per l’indipendenza basca, gli Stati coinvolti sono invece la Svizzera e la Spagna.

Qua oltre che non parlare di Silvia non si parlerà nemmeno dei Paesi Baschi. Non in modo esaustivo.

L’ETA (Euskadi Ta Askatasuna, paesi baschi e libertà) è oggi disarmata ma non essendolo stata in passato, è  tutt’ora considerata un’organizzazione terroristica. In particolar modo da quelli da cui l’ETA si vorrebbe indipendentare. La lotta armata, da parte dell’ETA, è però cessata ufficialmente attorno al 2011.

Nekane Txapartegi è stata arrestata più volte in quanto militante per l’indipendenza basca e sospetta affiliata all’ETA. La prima nel 1999, dove viene messa in carcere preventivo e subisce cinque giorni d’isolamento (prassi fortemente criticata dalle stesse Nazioni Unite e possibile, in Europa, solo per quanto riguarda presunti membri di organizzazioni terroristiche). Incarcerazione che la Txapartegi subisce ben due volte. In seguito a torture (un quasi soffocamento con un sacchetto di plastica, pestaggi brutali, elettroshock e violenze sessuali) a Nekane viene estorta una confessione sulla quale si baserà la successiva condanna (datata 2007 mentre il secondo arresto avviene nel corso del 2005).

La condanna (emessa dalla corte suprema iberica) prevedeva inizialmente undici anni di detenzione poi ridotti a sei (e nove mesi) dal Tribunal Supremo. Il reato commesso da Nekane sarebbe l’aver supportato, appunto, L’ETA ed aver fornito dei passaporti falsi a dei membri dell’organizzazione (informazione fornita da lei stessa in seguito alle torture subite). Nekane dunque scappa e si nasconde in Svizzera, dal 2009 ad oggi vive sotto falsa identità. Nekane Txapartegi viene nuovamente arrestata nel 2016, a Zurigo, su operato dei servizi segreti spagnoli (che normalmente non potrebbero operare su suolo estero) i quali hanno ne hanno poi domandato l’estradizione.

Nekane chiede perciò asilo politico alla Svizzera, in quanto perseguitata nel proprio paese dalle stesse forze che ne richiedono l’estradizione. L’asilo non le viene concesso poiché la sua versione dei fatti sarebbe risultata poco verosimile: che abbia subito torture non è dimostrabile, dunque viene concessa l’estradizione della condannata.

Nekane Txapartegi: una mera questione politica?

“Mi chiedo se vi siano idee per cui valga restare là in prigione” [F.GUCCINI]

Recentemente (in data 30 giugno) il ricorso contro l’estradizione le è stato negato dal Tribunale Penale Federale di Bellinzona (sempre in Svizzera), all’attivista non rimane che appellarsi all’Ufficio Federale di Giustizia.

“L’attivista non è stata in grado di rendere verosimile le presunte torture subite in Spagna. Non ha nemmeno impugnato le sentenze dinanzi alla Corte suprema spagnola e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Anche dall’esame degli atti procedurali non è emerso alcun indizio indicante che la giustizia spagnola non abbia preso sul serio le accuse di tortura. In un caso simile del 2002, il Tribunale federale aveva peraltro autorizzato l’estradizione di un presunto membro dell’ETA anche perché non riteneva lecito presumere che in Spagna si facesse ricorso sistematico alla tortura o che le persone sospettate di collaborare con l’ETA non potessero a priori sperare in un procedimento penale equo o in un regime detentivo conforme ai diritti fondamentali.

Alla stessa stregua, nel caso in specie l’UFG è giunto alla conclusione che l’estradizione non può essere rifiutata per violazione dei diritti fondamentali. Ha inoltre constatato che sono adempite tutte le condizioni necessarie, in particolare il criterio della doppia punibilità, in base al quale i fatti esposti nella rogatoria devono essere punibili anche in virtù del diritto svizzero. Ecco perché l’UFG ha autorizzato l’estradizione in Spagna chiedendo inoltre al Tribunale penale federale di respingere la censura dell’attivista, che invoca la persecuzione per motivi politici.”  [fonte]

Di cosa sia l’asilo politico come e perché venga (dovrebbe) venir concesso.

Dimostrare d’aver subito una tortura in carcere, per il torturato, è spesso difficile se non impossibile. Qua si può trovare un’intervista interessante in cui, oltre che di Nekane, si parla proprio di questo fatto.

Le parole di Nekane Txapartegi sono sostenute da varie assiociazioni umanitarie come Amnesty (che ne aveva dimostrato la credibilità già nel 1999), il gruppo Augenauf, l’OMCT Human Rights.

La Spagna è stata più volta condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per aver torturato i propri prigionieri ed aver loro estorto informazioni in questo modo: soprattutto nel caso di membri dell’ETA. La Spagna continua però a negarlo anche se i fatti sono stati dimostrati più volte ( Tortura e Tabù Spagna).

E nessun essere umano dovrebbe essere posto nelle condizioni nemmeno di rischiare che ciò avvenga, ragione per cui l’asilo politico potrebbe, potenzialmente, essere concessa anche a criminali umanitari.

Ciò è affermato anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Convenzione contro la Tortura: l’estradizione di un prigioniero non va concessa e le informazioni fornite in seguito a torture non vanno considerate valide.

Ogni Stato Parte provvede affinché nessuna dichiarazione di cui sia stabilito che è stata ottenuta con la tortura possa essere invocata come elemento di prova in un procedimento, se non contro la persona accusata di tortura al fine di stabilire che una dichiarazione è stata fatta.

[fonte]

Non si tratta di aderire o meno alla causa basca, si tratta di essere umani a cui dovrebbe essere garantita l’integrità fisica anche in caso di detenzione. Inoltre la decisione presa dalla Confederazione Elvetica sembra più dettata da ragioni politiche che reali: non concedere l’estradizione, per la Svizzera, significherebbe anche condannare la Spagna – che è invece uno Stato di diritto in cui la tortura è, sulla carta, considerata illegale.

Parafrasando le parole dell’avvocato che sta difendendo la causa di Nekane: “Se le origini di Nekane fossero diverse, insomma se provenisse da un paese dell’Est come ad esempio la Turchia, Nekane sarebbe già libera da tempo“.

Insomma la mancanza di prove e di veridicità, più che effettiva, pare atta a voler evitare un conflitto diplomatico internazionale.

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