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lunedì, 19 Maggio,2025
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Die Welle : un esperimento sociale per spiegare il nazismo

Die Welle (o in italiano: L’onda) è un film tedesco uscito nel 2008.  Racconta la storia di un esperimento sociale effettivamente avvenuto (in California, molto tempo prima, nel 1967). Die Welle non è uno di quei film che dopo aver visto si grida al capolavoro, e si spera venga consegnato immediatamente un oscar al regista… ma è uno di quei film che fa riflettere per giorni, dopo averlo visto. Dunque, è sicuramente tempo speso bene.

L’ESPERIMENTO SOCIALE: The Third Wave (la terza onda)

Il regista, Dennis Gansel, per realizzare il suo film si basa sul romanzo scritto da Todd Strasser (che però scrive sotto pseudonimo: Morton Rhue), il quale a sua volta, come già detto, si basa su fatti reali… e in particolar modo sull’esperimento sociale denominato: The third  wave, volto a dimostrare la facilità d’ascesa di gruppi estremisti, e come certe azioni riprovevoli possano venir giustificate dalla morale comune in nome di un’identità nazionale, o politica. Nel caso particolare: l’avvento dei nazisti in Germania.  L’idea venne al professor Ron Jones, il quale decise di dare una dimostrazione pratica ai suoi alunni del corso di storia contemporanea: diede vita ad un movimento chiamato, appunto, “La terza onda” di cui si auto proclamò leader, e cominciò ad impartire ordini ai suoi allievi, punendoli con dure sanzioni qual ora questi non venissero rispettati, convincendoli che fosse necessaria l’eliminazione delle democrazia per il benestare comune, e, insomma, comportandosi nel suo piccolo come avrebbe fatto un leader nazista a suo tempo .

Purtroppo la documentazione ufficiale relativa all’esperimento è pressoché inesistente (non vo è alcuna sorta di diario, tenuto dal professore o dalla classe). Numerose sono però le dichiarazioni postume rilasciate anche dai diretti interessati. L’esperimento durò soltanto quattro giorni (fu lo stesso professore a porvi fine, preoccupato dagli sviluppi e dall’estrema lealtà che i ragazzi stavano dimostrando al  movimento) e coinvolse all’incirca duecento studenti, che s’unirono al gruppo sperimentale un po’ da tutta la scuola. Jones, prima d’annunciare la fine dell’esperimento, invitò tutti i ragazzi a presentarsi l’indomani in un determinato posto affinché potessero annunciare ai giornalisti l’esistenza del loro movimento, e diventare un partito a livello nazionale. I ragazzi vi si recarono, con grande esaltazione, ma trovarono soltanto il loro professore annunciare la fine della third wave: spiegò loro che il senso di superiorità creatosi all’interno del gruppo era, in un qualche modo, lo stesso creato dai nazisti in Germania.

DIE WELLE (L’ONDA): Un film di Dennis Gansel

Tornando al film: L’onda parla proprio di questo, romanzando le parti mancanti (come detto, il materiale è effettivamente poco) ed intuendo quelle che potessero essere le reazioni di fronte ad un esperimento così importante, in un’età dove il senso critico è poco sviluppato e si è facilmente manipolabili.

Dennis Gansel, il regista, non è nuovo al tema: né a quello del nazismo, né a quello dei giovani. Infatti, con: “I ragazzi del Reich” ( Napola – Elite für den Führer ) aveva raccontato la storia di una tragica amicizia, nata all’interno di un campo militare tedesco nel 1942 (Nationalpolitische Erziehungsanstalt ). Con Die Welle, è un po’ come se volesse raccontarci lo stesso sentimento, provato da persone più o meno della medesima età, ma nati decenni dopo.

Die Welle (il film) contrariamente al vero esperimento sociale, si svolge nella stessa Germania. Il professore non vuol far comprendere ai suoi alunni come sia possibile l’ascesa al potere di gruppi autarchici; bensì dimostrar loro (increduli a riguardo), che non è così facile imparare dagli errori del passato, e che non è impossibile che un gruppo nazista trovi ancora diversi consensi fra il popolo. Il leader del movimento non è il professore ma un ragazzo scelto da lui stesso, ed imposto al resto del gruppo. I giovani scelgono un nome per il loro movimento, un logo, uno slogan, un saluto e una divisa. Il loro mentore insegna come marciare all’unisono, e cambia la disposizione dei banchi, dividendo i gruppi di amici e migliorando sensibilmente l’andamento scolastico di tutta la classe.

Soltanto due ragazze si dimostrano critiche, e decidono ad un certo punto di abbandonare l’esperimento: spaventate da come la classe colga gli ordini imposti dal loro leader senza riflettere, dimostrando una totale assenza di senso critico in nome dell’appartenenza ad un gruppo. Interessante come, la motivazione profonda che spinge la ragazza ad abbandonare sia puramente materiale: tutto nasce dal disprezzo della divisa… non in quanto simbolo, ma perché “poco alla moda”.

La classe, sempre più unita, comincia ad escludere chiunque non faccia parte del loro gruppo: sono  coloro che precedentemente risultavano più insicuri, i più fomentati… i più fedeli al nuovo movimento. Lo stesso professore, accecato dalla riuscita del suo progetto, non sarà in grado di vedere le nefaste conseguenze che esso sta portando ai suoi alunni, e al resto della città, e quando deciderà di porvi fine sarà ormai troppo tardi perché il tutto non finisca in tragedia.

PREGI E LACUNE DEL FILM: Die Welle

Il film (che è a tutti gli effetti un film, e non un documentario e nemmeno una ricostruzione), è molto spoglio, semplice, minimale, onesto: non vi sono effetti speciali né grandi tecnicismi dietro (che non vuol dire non vengano utilizzati espedienti tecnici, che anzi ci sono eccome, semplicemente che non vi è nulla di particolarmente scenico). D’altronde, proprio il suo essere così scarno lo rende verosimile, ed è probabilmente il miglior supporto per una storia di questo tipo.

Il regista dice d’aver fortemente voluto questo film, e spiega d’averlo voluto ambientare in Germania poiché, secondo lui: “Studiando da vicino il nazismo (e i suoi meccanismi) ci si sente immuni a esso. Proprio questo è il pericolo più grande. È interessante osservare come si pensi sempre che cose del genere succedano agli altri e non a noi. Si incolpano gli altri, quelli meno istruiti o i tedeschi orientali. Ma nel Terzo Reich il portinaio era affascinato dal movimento nazista tanto quanto l’intellettuale” . [Wikipedia]

La critica ha sottolineato una superficialità nella caratterizzazione dei personaggi, e una mancanza di un’analisi più approfondita delle implicazioni psicologiche che l’esperimento stava avendo su di ognuno di loro: in realtà il punto del film, a parer mio, è questo solo in parte.

Dennis Gansel vuole mostrare e sottolineare il senso d’appartenenza ad un gruppo, e come venga a meno la capacità di pensiero quando, finalmente, ci si sente forti e coinvolti da un’entità più grande. Tramite un montaggio a volte veloce, a volte formato da piani sequenza ben più lunghi, ci dimostra come malgrado percezioni diverse si arrivi comunque tutti ad una stessa conclusione. Come il fine possa essere comunque lo stesso per tutti, e l’indissolubilità del senso d’appartenenza. E questo può valere per qualsiasi gruppo, di qualsiasi stampo: politico, religioso, sportivo… ma sono dinamiche ritrovabili, in parte, persino in qualsiasi fandom di qual si voglia attore, cantante, presentatore tv, ballerino, ecc…

Certo, sul finale, quando si raggiunge l’apice del pathos, questa mancanza si fa un po’ sentire: vorremo aver percorso tappa per tappa, tramite i pensieri dei protagonisti, gli eventi e i processi mentali che hanno portato professore ed alunni alla quasi totale follia.

Insomma, come si sentiva il professore davvero? Galvanizzato dal successo che stava riscuotendo? Perché? Anche lui, grazie all’onda, si è sentito per la prima volta parte di qualcosa? Lo possiamo soltanto intuire, siccome egli è piuttosto discriminato dai suoi colleghi, e in generale, appare un tipo un po’ solitario, un po’ goffo, non uno con chissà che vita sociale… ma con certezza, non possiamo saperlo.

E io credo che, effettivamente, davvero non sia importante: perché il punto è un altro, e caratterizzare troppo i personaggi potrebbe portare lo spettatore a non indentificarcisi, a pensare che quello abbia reagito così, ma che lui non lo farebbe mai…e invece, quello che il regista, per sua stessa ammissione, vuole sfatare, è proprio questo. È facile caderci, è fin troppo semplice essere annebbiati da un’idea, ormai divenuta talmente importante da essere quasi un’ossessione. E no, nessuno è immune.

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