Marocchino! (Storie italiane di bambini stranieri) è un libro scritto, leggasi: trascritto, da Giuseppe Caliceti. Sì, perché l’autore, in effetti, di suo pugno scrive ben poco: giusto l’introduzione. La parola la lascia ai bambini, suoi alunni, del circolo didattico di Sant’Ilario d’Enza ( in Emilia Romagna), e alle loro riflessioni e confessioni. Insomma, una sorta di “Io speriamo che me la cavo”, dove i protagonisti non sono i ragazzini della Napoli Nord, bensì bambini immigrati in Italia.
Alcune storie son ricavate da registrazioni, mentre in altre, l’autore, cerca di trasporre sul foglio le conversazioni che gli sono rimaste in mente. Assicura d’aver tentato d’essere più rispettoso e fedele possibile, sia al linguaggio utilizzato dai bambini che ai loro silenzi. Con Marocchino! Caliceti vuol soltanto realizzare una raccolta, senza aggiuengervi nulla.
Il libro è stato scritto nel 1994, (edito da Ex Libris), eppure è di un’attualità sorprendente: ed è uno di quei libri necessari. Perché in un periodo dove nel mondo regna il terrore, dove la gente ha paura e tende a chiudersi, dove la paura rende ciechi, i bambini andrebbero ascoltati di più.
Ascoltare… che cosa difficile e complicata in una società che, costantemente, ci bombarda d’informazioni. Dove sentiamo così tante cose, che pensare di poterle ascoltare è quasi utopia. È proprio con la forma infinita di questo verbo, tanto prezioso, che lo scrittore decide di titolare la sua introduzione. Ed è quel che v’invito a fare anche io… Ascoltare (metaforicamente, siccome dovrete per forza leggere). “A cuore scalzo”, provando, per un istante, a dimenticare quel cinismo e disillusione tipica degli adulti, e magari a commuovervi un poco, di fronte alla spontaneità dei bambini.
Di seguito, vi sono soltanto alcuni estratti: i più significativi, secondo me.
Ascoltare: Introduzione di Giuseppe Caliceti
(Marocchino! Storie italiane di bambini stranieri)
“(…) In un momento in cui si scatena in tante forme un razzismo assurdo, le testimonianze senza retorica di questi bambini sradicati e i problemi socio-economici delle loro famiglie, mi sono subito sembrati più efficaci e immediati di tanti articoli di giornali e trasmissioni televisive(…)”
NABIL
“(…) Parlare di Dio è difficile da spiegare, perché io non so tante cose su Dio ma mio padre sì. Dio è Dio, è su in alto, lui si chiama Allah e Allah è grande, molto grande, però non si può vedere bene, perché tu non puoi fare statue o figure come per Gesù o Buddha, nella sua casa non ci sono croci o quadri. (…) Quando io sono a Casablanca io non so cosa sono tanti Dii: Allah, Buddha, Gesù, adesso sì, però anche a Casablanca è Natale, Natale è quando hai tanti regali, però non c’è il presepe. Adesso io so anche come si chiama il libro di Gesù, perché il libro è la Bibbia, il libro di Allah invece è il Corano, però non ha scritto Allah il libro, ha scritto Maometto. Il Corano è in una città grande, in Arabia, il nome della città è Mecca, è lì c’è anche la tomba di Maometto e di Allah”
OMAR
“(…) Io ho la pelle, i capelli, e la religione diversa dai bambini italiani, però ho la pelle, i capelli, e la religione uguale ai bambini arabi. In Italia sono diverso io, perché è naturale, ma se un bambino italiano viene in vacanza in Marocco è diverso lui, perché là quasi tutti i bambini sono arabi, nelle scuole arabe non ci sono bambini italiani, neanche svizzeri, neanche africani, allora io dico: – Noi siamo tutti uguali e diversi, dipende solo dove sei nato e dove vai a abitare. La mia religione è diversa, non puoi mangiare il maiale, ma non perché il nostro Dio è un maiale, ma un uomo come Gesù, infatti il nostro Dio si chiama Maometto e Allah è solo il modo che si scrive in arabo, perché l’arabo è una lingua diversa, non è come l’italiano. Io non mi offendo se tu mi chiami marocchino, però dei bambini mi chiamano marocchino per prendere me in giro, io lo so, per me non è una cosa giusta! Mettiamo un bambino italiano che va ad abitare in Marocco e i bambini arabi lo chiamano tutti: -italiano! Italiano!- Lui si offende? No io non mi offendo. Però se dopo quei bambini dicono scemo, allora io mi arrabbio.”
NADIA
“Le prime volte, a scuola, io ho paura e sono sempre vicino alla maestra, perché i bambini mi fanno giocare insieme, ma io non vinco mai, vincono sempre loro e poi dicono sempre alla maestra: – perché dice quelle parole in arabo? Oppure dicono: – lei ha la lingua in arabo- Ma adesso io ho la lingua uguale. (…) Adesso quando gioco insieme ai miei amici certe volte vinco, però non sempre e se perdo, loro dicono delle altre cose, non come prima, perché sono miei amici come me. (…) Io non amo Omar perché Omar è un bambino arabo e io sono una bambina araba, allora anche le altre bambine italiane amano lui e non potevano, io amo Omar perché lui è alto, ha i capelli neri, occhi neri, e insomma, Omar è il più bello della scuola”
SHEELA
“In Sri Lanka Gesù non esiste, tu non lo vedi e non sai che è morto sulla croce e che faccia ha, perché non è come in Italia, non ci sono le chiese, è tutto diverso, però ci sono altri come Gesù, anche se sono tutti morti. In Sri Lanka io credo a Buddha, perché da noi ci sono le statue di Buddha, è lui il Dio non Gesù, ma in Italia io imparo le preghiere di Gesù, perché in Italia è questa la religione e per me va bene così, perché anche Gesù è Dio”
“(…) Ma se adesso in Italia scoppia la guerra o scoppia il razzismo, io e la mia famiglia non stiamo più bene in Italia e partiamo subito, torniamo a casa, oppure in un’altra nazione e ancora, e ancora, finché un posto stiamo bene, e andiamo sempre così e dopo lo troviamo. Io però spero che non scoppia niente, in Italia, perché noi stiamo bene, adesso, a me non piace andare sempre via. Per me la cosa migliore è questa: tutti i bambini diventano grandi e vanno a scuola dove sono nati, però stanno bene, altrimenti è giusto andare via”