back to top
16.7 C
Torino
lunedì, 19 Maggio,2025
- Advertisement -spot_img

The Land Between: lo sguardo di David Fedele su Melilla

Melilla è un’enclave spagnola situata sulle coste del Marocco. La città venne conquistata dagli iberici durante la Reconquista e da allora, nonostante ripetuti tentativi di riannessione da parte delle autorità marocchine, è sempre restata in loro possesso.

Oltre ad una storia travagliata e segnata da ripetute battaglie, questa piccola città autonoma, è la meta sognata di migliaia di migranti che, da ogni paese dell’Africa, partono al fine di raggiungerla. Lo scopo è chiedervi asilo, al fin di proseguire fino alla tanto sognata Europa.  (Melilla essendo a tutti gli effetti Spagna, seppure geograficamente si situi in Marocco, garantisce libero accesso ai paesi dell’unione europea come regolamentato secondo il trattato Schengen).

The Land Between ci racconta la loro storia.

Come intuibile il viaggio per raggiungere questa immaginaria Eldorado, è tutt’altro che semplice. I migranti sono costretti a sostare in una città sul tragitto per Melilla (chiamata Nador). Le sue  montagne sono il loro rifugio, la terra di mezzo, dove oltre alle intemperie della nature debbono sopportare continui soprusi ed angherie da parte della polizia locale.

Quel che il regista David Fedele cerca di fare in questo documentario è molto semplice, anche se di difficile realizzazione: raccontarci la sopravvivenza ai confini di Melilla cercando d’ essere imparziale. A parlare, a raccontarci la loro storia, le ingiustizie subite e i loro sogni, sono i diretti interessati tramite le loro parole, i loro occhi e  i loro gesti. L’impressione che si ha, è che queste persone riunite nei boschi del  monte Gourougou siano una vera e propria comunità. Formata da persone diversissime, che nulla hanno a che vedere uni con gli altri. Eppure, l’attesa e la disperazione, li uniscono al punto da annullarne le differenze. La popolazione in attesa.

La scelta stilistica è quella del documentario etnologico: nulla di aggiunto alle voci del protagonisti, che non recitano. Nessun sottofondo musicale, narratore onnisciente o tagli bruschi. Nel suo film viene rappresentato tutto: il disagio, la speranza, la fatica e persino la diffidenza verso lo stesso cineasta.

Uno dei momenti peculiari della pellicola, quasi tragicomico, è quello in cui un signore esprime apertamente il suo dissenso verso il regista e la sua cinepresa: “Questo fa i soldi con le nostre storie” esclama rassegnato. Rivolgendosi al suo compagno di viaggio con una tranquillità dissonante rispetto alle sue parole. Oltre a porre le basi per una riflessione interessante (su quale siano i sentimenti dei soggetti in un film di questo tipo), è un ottimo espediente per inframezzare momenti più drammatici con altri un po’ più leggeri. Paradossalmente il chiaro riferimento al regista, rende il documentario ancor più autentico di quanto non sarebbe se si limitasse a fornirci un mero spaccato delle loro vite. Non solo il cineasta non interviene, raccontandoci il suo punto di vista, ma lascia che venga espresso il punto di vista altrui sul suo stesso operato. Operazione simpatica e brillante.

D’altronde l’australiano David Fedele nel 2014, di riconoscimenti per questa sua opera ne ha, giustamente,  fatto incetta: da miglior documentario lungometraggio al FIFE (International Environmental Film Festival) di Parigi, a miglior film nei  festival di Ljubljiana (Internazional Festival of Migrant Film), Napoli (Film Festival dei Diritti Umani) ed ancora a Roma (Festival delle Terre), per finire con una menzione d’onore al Festival del Film Documentario di Sydney e quella del Film Internazionale del Cinema e la Memoria, proprio in Marocco e proprio a Nador.

Insomma, soli 78 minuti che volano, t’immergono in una realtà completamente diversa e commuovono, senza sfiorare, mai,  il melodramma.

Articoli correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

social a.r.

1,264FansMi piace
4,280FollowerSegui
- Advertisement -

libri e letteratura