Oggi intervistiamo Stefano Graffagnino, funzionario giuridico pedagogico in servizio presso la casa circondariale di caltanissetta e Presidente dello neonata A.N.F.T. (Associazione Nazionale Funzionari del Trattamento) associazione che si è costituita da poco più di un mese per riunire e rappresentare gli educatori penitenziari
Che percezione ha la gente comune del vostro lavoro? come è percepito?
l’opinione pubblica non ha una percezione compiuta e definita riguardante i nostri compiti istituzionali, tant’e’ che tra i non addetti ai lavori, un numero esiguo di soggetti interpellati saprebbe rispondere alla domanda “chi e’ l’educatore penitenziario e cosa fa?”. siamo poco conosciuti e peraltro non sono mai state realizzate campagne mediatiche di sensibilizzazione circa il nostro importante e delicato apporto professionale finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo della rieducazione del reo (previsto dalla norma costutuzionale).
Che lavoro svolge nello specifico un educatore? i compiti dell’educatore penitenziario, successivamente ribattezzato funzionario giuridico- pedagogico sono espressamente previsti e stabiliti all’art. 82 della legge 354 del 1975 e da successive circolari applicative. Gli educatori partecipano all’attività di gruppo per l’osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione. L’osservazione scientifica della personalità del reo richiede notoriamente specifiche competenze professionali. Fondamentale e’ inoltre il ruolo del fgp nella progettazione pedagogica dell’istituto.
Perché l’esigenza di fondare questa associazione?
perche oltre alla gia’ citata poca conoscenza all’esterno della figura professionale, si e’ avvertito un vuoto in termini di rappresentativita’ della categoria, soprattutto in presenza di un contrasto stridente tra la realta’ di fatto che comprova quotidianamente la centralita’ del ruolo del fgp in un’organizzazione complessa quale e’ quella penitenziaria, e la mancata attribuzione del conseguente riconoscimento giuridico ed economico
Come mai fino ad oggi la vostra categoria non si è mai preoccupata di essere rappresentata?
in passato ci furono tentativi volti a costituire organismi rappresentativi della categoria. nel 1979 nacque infatti il coordinamento educatori penitenziari. si tennero dei convegni a roma, sulmona e cairo montenotte, dove si crearono le basi sia per ottenere per un riconoscimento formale della figura professionale che per conferire dignità al ruolo. I lavori di tale organismo e la disponibilità dell’allora direttore generale nicolò amato portarono alla creazione delle aree all’interno degli istituti ed alla nascita delle segreterie tecniche.
Purtroppo divisioni interne circa le soluzioni da proporre per cio’ che concerne il relativo riconoscimento giuridico ed economico, difficolta economiche di gestione del coordinamento, unite ad una differente percezione del ruolo da parte dei fgp, resero vani gli sforzi compiuti e si arrivo’ dopo soli 4 anni allo scioglimento di tale organismo.
A cio’ si aggiunga che le attuali tecnologie (utilizzo dei social) rendono finalmente possibile sia la fluidità ed interattività della comunicazione, che’ la circolarità delle informazioni.
Quali obiettivi vi siete posti come associazione?
ci proponiamo di dimostrare che il proposito dell’effettività della funzione rieducativa della pena (richiamato nel corpo del decreto legislativo sulla riforma dell’ordinamento penitenziario di prossima emanazione) si possa attuare anche mediante provvedimenti migliorativi della qualità del lavoro del fgp, attraverso un diverso assetto organizzativo del personale ( ad oggi dicotomico considerata la presenza di fgp e personale di polizia penitenziaria che alimenta dispute tra esigenze rieducative e securitarie) che attende al trattamento penitenziario.
considerata l’unicita’ della mission (rieducazione del reo) riteniamo che il passaggio dei funzionari g.p. ai ruoli tecnici del corpo di polizia penitenziaria favorisca quell’osmosi culturale e professionale necessaria, ed efficienti relazioni interprofessionali tra operatori istituzionali del d.a.p. che si occupano di trattamento.penitenziario.
insomma occorre a nostro avviso strutturare un assetto del personale penitenziario che meglio permetta l’approntamento di azioni sinergiche tra i diversi operatori verso l’inclusione sociale del reo, attraverso idonei programmi di trattamento effettivamente individualizzati.
l’isituzione dei ruoli tecnici del corpo di polizia penitenziaria sarebbe inoltre la risposta concreta alle giuste istanze dei fgp tendenti ad ottenere l’invocato quanto tardivo riconoscimento giuridico ed economico (compresa la progressione in carriera) adeguato al ruolo ed ai compiti svolti.