Il razzismo nello sport con un ‘pizzico’ di politica a Verona – Quello che dovrebbe essere un gioco di squadra, tra l’altro il più bello e il più seguito al mondo, uno sport e uno spettacolo a livello mondiale, spesso si trasforma in una campagna pro razzismo. Il calcio dovrebbe divertire e dare quella giusta ‘cattiveria agonistica’ che nel comune viene riconosciuta come passione per la propria squadra ma negli ultimi anni, il calcio ha preso sempre più una strada che porta alla violenza e alla discriminazione razziale. Senza dimenticare il razzismo nello sport, in tutti, come testimoniano gli ultimi episodi nel basket americano.
Negli ultimi anni gli episodi di razzismo sui campi da calcio italiani sono in notevole aumento. Non a caso la tifoseria dell’Hellas Verona, appartenente alla classe di estrema destra, è il simbolo del razzismo e del fascio italiano. Tutto ebbe inizio negli anni ’70 con la nascita delle Brigate Blu, uno spirito ribelle che con il tempo ha trasformato simpatie con grandi club tra Roma e Inter, in forti rivalità, sia sul campo che fuori. Oltre alle posizioni politiche estremiste, la tifoseria veronese è nota in tutta italia per gli striscioni e cori razzisti che in più occasioni sono stati esposti in curva sud. Ci sono storie vecchie come il fantoccio di colore impiccato per contestare l’acquisto da parte del club di un giocatore africano o il famoso striscione ‘Benvenuti in Italia’, esposto durante Verona-Napoli degli anni ’80. Il punto più alto, e il più vergognoso, è stato toccato dopo pochi giorni dalla morte di Piermario Morosini con il solo gusto di provocare altre tifoserie con cori oltraggiosi fino a spingere il club a scrivere una nota con le scuse ufficiali. Cose mai viste. Gli scaligeri sono anche degli abili attori e son capaci di tifare tutta la partita Balotelli per sfidare la stampa.
Il razzismo nel calcio: 30 anni di vergogna
1995 – Si giocava Messina-Inter al San Filippo con almeno 30.000 spettatori sugli spalti quando al minuto 21 della ripresa, Andrè Kpolo Zoro (classe 1983) afferra il pallone con le mani dirigendosi verso la panchina. Si è ‘rotto’ sul serio dopo essere stato punzecchiato per tutta la gara con dei ‘buuu’ razzisti.
2000 – Durante la partita di Coppa dei Campioni tra Lazio e Arsenal, direttamente dal campo c’è stato uno scambio di insulti razzisti: il centrocampista dei Gunners Patrick Viera addice il termine ‘zingaro’ a Sinisa Mihajlovic e per le sue origini serbe. I due divennero poi compagni di squadra e chiarirono il tutto.
2001 – All’epoca Akeem Omolade, aveva 17 anni ed era tesserato per il Treviso, in Serie B. Osceno è dir poco: il suo debutto è stato segnato con il ritiro degli striscioni da parte della curva per intonare cori razzisti. A Terni, tutto lo stadio si è rivoltato contro questi tifosi trevigiani in difesa dell’attaccante nigeriano. Il Treviso si ribellò e la giornata di campionato successiva (Treviso-Genoa) tutti i giocatori e allenatore compreso scesero in campo con il volto dipinto di nero in per contestare il razzismo. Un episodio che ha fatto il giro del mondo, e pensare che Omolade segnò il suo unico gol con la maglia del Treviso.
2010 – Correva l’anno del Triplete dell’Inter quando al Sant’Elia nel match contro il Cagliari, al 3′ minuto il centravanti Eto’o è stato preso di mira dai tifosi sardi. Versi e insulti razzisti. L’arbitro Tagliavento fermò temporaneamente la gara minacciandone la sospensione qualora la situazione non si fosse placata. Lo stesso Eto’o rispose agli insulti con un gol al 39′ e un’esultanza in cui mimò una scimmia.
2013 – Il Milan scelse la Pro Patria come avversaria per una sgambata di allenamento a Busto Arsizio ma al 27′ del primo tempo, i tifosi della squadra di casa, iniziarono a intonare i ‘buuu’ razzisti e altri versi verso il centrocampista rossonero Kevin Prince Boateng. Quest’ultimo scagliò rabbiosamente il pallone contro i tifosi e abbandonò il campo.
2017 – Quest’anno si sono già registrati tre episodi di razzismo tra gennaio e giugno. Il primo fa riferimento al Napoli: Koulibaly è stato sommerso da ‘buuu’ razzisti durante la sfida vinta dai partenopei contro la Roma. Poi il duetto Rudiger-Lulic alla fine di un derby tra Roma e Lazio: Lulic ha offeso ai microfoni l’afro tedesco giallorosso con commenti razzisti: “Rudiger…Due anni fa a Stoccarda vendeva calzini e cinture e adesso fa il fenomeno…”. Tutti fecero notare a Lulic lo scivolone ma non ha pensato a scusarsi: “Chiedere scusa a Rüdiger? Lasciamo stare, anche i bianchi vendono i calzini”. Un commento? Lasciamo perdere, appunto.
“Noi, invece, diciamo che Opti Poba (nome inventato, ndr) è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio. E va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree”. Chi se le dimentica le parole del nostro attuale presidente della FIGC Carlo Tavecchio. Una frase che si commenta da sola, finita nel dimenticatoio.
Miti e leggende…dimenticati!
Ci sono dei luoghi nel mondo che sono simbolo di civiltà e cultura, ci sono quei posti che vengono ricordati per le gesta di alcune persone che forse non meritano neppure di essere definite tali come il ‘genio’ che ha avuto la brillante idea di far trovare sotto la villa di LeBron James, stella del basket americano, la scritta ‘Negro’. Oppure ci sono quei miti, quelle leggende, come Jesse Owens che sotto gli occhi di Hitler, il Furher, ha vinto il razzismo con 4 medaglie d’oro nei 100 metri, nel salto in lungo e nella staffetta, a discapito di chi ha sempre pensato e sostenuto che le persone di colore siano nere, quindi inferiori. Non c’è da stupirsi, infine, se anche tra i minori è presente questo fenomeno e basti pensare al ragazzo 14enne che, ad Arrone, ha insultato un avversario di colore e gli è costato 10 giornate di squalifica. Lo sport non è solo un passatempo ma anche uno stile di vita per molti bambini e ragazzi, quindi ritrovarsi oggi, 2017, nell’era moderna a combattere il razzismo è vergognoso quanto poco educativo per quei giovani che voglio imitare i propri idoli ma si trovano a combattere episodi di bullismo e razzismo.