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lunedì, 19 Maggio,2025
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Razzismo sistemico: abbattere le barriere e combattere le disuguaglianze

Introduzione

Il razzismo non è solo un gesto violento o un insulto gridato in strada. Esiste una forma più subdola, radicata e persistente: il razzismo sistemico. Non si manifesta apertamente con atti espliciti di odio, ma agisce nei meccanismi delle istituzioni, delle leggi, delle prassi quotidiane. In molti pensano che sia una realtà solo statunitense, ma la verità è che anche l’Italia è attraversata da forme di discriminazione sistemica.

Cosa significa “razzismo sistemico”

Con “razzismo sistemico” si intende un insieme di politiche, pratiche e atteggiamenti istituzionalizzati che producono o perpetuano disparità tra gruppi razziali, anche senza intenzioni esplicite. Non dipende da singoli comportamenti, ma da strutture che favoriscono sistematicamente alcuni gruppi a scapito di altri.

Ad esempio:

  • una legge che rende più difficile l’accesso alla cittadinanza
  • una scuola che non include nella didattica le culture minoritarie
  • un mercato del lavoro dove i “cognomi stranieri” ricevono meno chiamate

Questi meccanismi, sommati nel tempo, costruiscono una realtà in cui le persone razzializzate hanno meno opportunità, più controlli, meno voce.

Dove si manifesta in Italia

1. Leggi sulla cittadinanza

L’Italia ha una delle leggi più restrittive d’Europa: lo ius sanguinis. Anche chi nasce, cresce e studia in Italia può non essere considerato italiano. Questo crea generazioni di “stranieri in patria”, con effetti concreti sull’accesso a diritti e opportunità.

2. Scuola e discriminazione implicita

Secondo l’UNAR, molti studenti figli di immigrati subiscono bassi livelli di aspettative da parte degli insegnanti, che influenzano i percorsi scolastici. Inoltre, mancano strumenti per valorizzare le loro culture d’origine. Così, la scuola rischia di riprodurre disuguaglianze invece di superarle.

3. Mercato del lavoro

Numerosi studi dimostrano che a parità di CV, chi ha un nome straniero riceve meno colloqui. I lavoratori stranieri sono sovra-rappresentati nei lavori più umili e precari. Il colore della pelle diventa un filtro invisibile ma potente.

4. Controlli e profilazione etnica

Molte persone nere o rom riferiscono di essere fermate più spesso dalle forze dell’ordine, anche senza motivi oggettivi. Questo fenomeno, chiamato profilazione etnica, è stato documentato anche dal Consiglio d’Europa.

5. Sanità e accesso ai servizi

Anche nel sistema sanitario si registrano disparità di trattamento. Le barriere linguistiche, culturali e burocratiche rendono più difficile l’accesso a cure tempestive per molte persone straniere o marginalizzate.

Manifestanti italiani contro il razzismo sistemico con cartelli durante una protesta
Una protesta in Italia contro il razzismo sistemico: volti, voci e cartelli che chiedono giustizia

Razzismo individuale vs sistemico

Il razzismo sistemico è spesso meno visibile ma più pericoloso di quello individuale, perché non si basa su episodi isolati ma su interi sistemi che funzionano in modo iniquo. Non serve l’intenzione razzista: basta che un sistema sia disegnato o lasciato funzionare in modo da produrre ingiustizie.

Perché è importante parlarne oggi

Negare l’esistenza del razzismo sistemico significa ignorare il disagio reale vissuto da milioni di persone. In un’Italia che si racconta come accogliente, democratica, civile, è fondamentale avere il coraggio di guardare in faccia le disuguaglianze strutturali.

Gli eventi globali, come le proteste per Black Lives Matter, e locali, come gli episodi di cronaca che colpiscono cittadini non bianchi o rom, ci pongono davanti a una realtà scomoda: il razzismo non è finito, ha solo cambiato forma.

Cosa possiamo fare

  1. Riformare le leggi discriminatorie, a partire da quelle sulla cittadinanza
  2. Formare docenti e operatori pubblici su diversità e inclusione
  3. Monitorare e denunciare i casi di profilazione e disparità
  4. Promuovere una cultura antirazzista, anche attraverso i media e i social

Conclusione

Il razzismo sistemico non è un’accusa generica, ma un dato di realtà. Riguarda l’Italia, riguarda le istituzioni, riguarda ognuno di noi. Solo riconoscendolo possiamo iniziare a cambiarlo. Non si tratta di sentirsi in colpa, ma di essere parte attiva di una società più giusta.

L’antirazzismo vero non è solo questione di parole, ma di strutture. E il cambiamento comincia dalla consapevolezza.

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